Nel titolo si pone una domanda dalla risposta non facile, né tantomeno prevedibile. Leggiamo su molti giornali il termine sostenibilità associato al termine moda e ci domandiamo:
siamo di fronte ad un vero investimento che punta a cambiare l’assetto mentale del modo con cui vengono prodotti capi? O, al contrario, rientra tra le strategie di marketing consumistico per chi vuole sentirsi ecologically-friendly?
L’impegno ecologico nel settore della moda è chiaramente visibile da anni a questa parte: gli ultimi Green Carpet Awards a Milano sono stati annunciati con frasi come transformative change e real solutions volte a premiare e sostenere idee di imprenditorialità a supporto dell’ambiente.
Gruppi rilevanti, basti pensare a Kering (kering.com/en/sustainability), fanno della sostenibilità il loro core business, dove quindi sostanzialmente moda e sostenibilità divengono sinonimi, e non termini semplicemente accostati.
Il cambio radicale all’interno di quest’industria influenza inevitabilmente il consumatore. Noi consumatori stiamo infatti diventando molto più consapevoli delle nostre scelte a livello di qualità del capo e rispetto ambientale nel realizzare gli stessi. E non solo. Ricordando ogni anno il tragico evento del Rana Plaza nel 2013 quando una fabbrica tessile crollò provocando innumerevoli vittime, l’attenzione si rivolge anche ai luoghi di produzione dell’abbigliamento e ai diritti dei lavoratori.
Una scelta sostenibile potrebbe essere quella di acquistare capi di brand che abbiano a cuore la salute dei lavoratori e dell’ambiente nel quale viviamo.
Sostenibilità è la risposta etica ed ecologica in un mondo di forte cambiamento climatico e di sfruttamento dei lavoratori in contesti disagiati. Sostenibilità è uno stile di vita che possiamo abbracciare e adottare.
