Il manifesto di Dior non mostra solo la più recente collezione Cruise 2020.
Ci sono due modelli rivolti verso l’osservatore che lo guardano dritto negli occhi, senza timore, fieri. Sono anche Africani.
Sullo sfondo, motivi africani ritraggono le lunghe tradizioni della Costa d’Avorio, e il tessuto è stato coltivato, filato e stampato da Africani: è un prodotto africano made in Africa.
In una cultura come quella occidentale, che è portata a dominare e imporsi sulle altre, la campagna di Dior supporta fino a celebrare il patrimonio e la cultura africani. Questo è un punto molto importante considerando la lunga storia della moda di conglomerare e assorbire le altre culture attraverso una mera ispirazione che si nota timidamente negli abiti senza che venga creato un vero e proprio dialogo con le culture altre.
Quindi il caso di Dior non è una forma di appropriazione culturale e adattamento della stessa ad una qualche sorta di standard imposto dal brand. Non è presente una cultura dominante che modella e adatta l’altra. E non esiste nemmeno la visione dell’altro. Ci sono due culture che comunicano l’una con l’altra e che creano una nuova realtà, rafforzata e arricchita da una nuova visione.
Nell’immagine è possibile vedere come la cultura africana sia effettivamente mostrata ed elogiata attraverso il simbolismo e l’abilità artigianale, mantenendo pur sempre il DNA di Dior, mostrato attraverso l’iconica stampa Dior sul clutch e l’utilizzo del colore blu, colore ricorrente sulle stampe e per il denim.
Durante una conversazione con la modella Adesuwa Aighewi, Maria Grazia Chiuri spiega chiaramente che non ha utilizzato l’Africa nella sua collezione come ispirazione; e l’idea non è nemmeno quella di utilizzare un’altra cultura. Piuttosto, ha lasciato che la cultura africana parlasse attraverso i suoi abiti, il che è davvero un modo di pensare innovativo e promettente.
