Si chiude oggi il film-evento in 7 mini episodi che ha presentato la collezione Gucci “Ouverture of Something That Never Ended Collection” online su guccifest.com dal 16 al 22 novembre, nato dalla collaborazione tra il direttore creativo Alessandro Michele e il regista Gus Van Sant.
Nei mini episodi la figura principale è l’attrice Silvia Calderoni, che incarna perfettamente l’ideale gender fluid, grazie ai tratti spigolosi del volto e il corpo estremamente slanciato non stereotipato e quindi non riconducibile né alle parvenze tipiche maschili né femminili. E questo aspetto viene accentuato nell’episodio a “nightly walk” dove Silvia indossa un tailleur dal taglio maschile rispecchiando la contaminazione di genere nel vestuario.
Le azioni quotidiane di Silvia come andare alle poste, prendere un caffè al bar o visitare un vintage shop vengono intervallate da riflessioni su tematiche sociali care al marchio come l’identità di genere ma anche la responsabilizzazione ambientale.
Mentre Silvia riflette e scrive dei pensieri su un foglio di carta, l’ascoltatore partecipa in maniera passiva all’intervento televisivo di Paul B. Preciado che parla di come la finzione anatomica del sesso usato per distinguere culturalmente l’uomo e la donna faccia sì che vengano assegnate etichette diverse quali ermafroditi o intersex a chiunque non si adegui a questa distinzione, che da biologica è stata strumentalizzata così da obbligare l’identificazione binaria con l’una o l’altra categoria. Seguendo il discorso di Preciado, viene sottolineata l’idea della razza che ha avuto un ruolo primario nel legittimare l’azione del colonialismo, e che quindi si afferma come un ulteriore sistema di controllo e divisione sociale. Non a caso Gucci ingaggia un cast misto culturalmente, allo scopo di aprire a più possibilità identificative. È interessante notare che anche a livello linguistico si crei una coesistenza di differenze, dove un soggetto discorre in italiano e il suo interlocutore risponde in inglese o cinese. Siamo di fronte alla celebrazione di una multiculturalità in piena ambientazione romana.
Quando Silvia si sposta in un bar parla con un’amica dell’immagine della margherita, che ricrea nelle nostre menti la ciclicità del gioco ama-non ama che tutti noi abbiamo fatto almeno una volta. Quest’immagine quasi malinconica e bucolica viene traslata nel contesto attuale e scoraggiato l’atto di raccogliere il fiore come inequivocabile danno ambientale. Da qui l’impegno di Gucci nel rivendere dei pezzi su TheRealReal, e l’inserimento del Vintage Shop come episodio, che non crea solo l’ambientazione per lo stile del marchio e il suo legame con il passato, ma sensibilizza sul tema del riutilizzo dei capi.
La logica che vuole trasmettere Gucci è la rivoluzione che ha come missione l’amore, unico strumento contro qualunque forma repressiva, dove ognuno di noi deve essere un po’ il “mostro” che dice no alla logica patriarcale e coloniale.
Della mini-serie si può dire che non si impone come una storia lineare, ma si tratta più di un susseguirsi di momenti quotidiani e aperti, a riprova del messaggio che si vuole trasmettere di una finale che non si raggiunge.
È una serie che non ha né il potere né la volontà di trasmettere un punto di vista predominante, ma lascia spazio alla libera interpretazione. Sovente appare la frase della canzone di Martin Gore
“I just wanted to say that I could never forget the way you told me everything by saying nothing”
Rappresenta la serie stessa che dice mediante il non detto, che va fuori da qualunque schema.
